I titoli di Ingegnere e di Ingegnera

Introduzione

Con il ter­mi­ne inge­gne­re nell’uso cor­ren­te, è appel­la­to chiun­que sia lau­rea­to in inge­gne­ria. Come tito­lo e appel­la­ti­vo è usa­to di nor­ma nel­la for­ma maschi­le anche se rife­ri­to a don­na. Il fem­mi­ni­le rego­la­re di inge­gne­re, tut­ta­via, è inge­gne­ra, e così si può chia­ma­re una don­na che eser­ci­ti il mestie­re di inge­gne­re. Mol­ti pre­fe­ri­sco­no però chia­ma­re una don­na inge­gne­re, al maschi­le. Si trat­ta di una scel­ta che non ha basi lin­gui­sti­che ma sociologiche.

Nel­l’u­so cor­ren­te, quin­di, inge­gne­re è sino­ni­mo di lau­rea­to in inge­gne­ria ma si sa che soven­te ciò che è con­sue­tu­di­ne non è det­to sia cor­ret­to e se pro­via­mo a effet­tua­re una ricer­ca nei prin­ci­pa­li voca­bo­la­ri di lin­gua ita­lia­na tro­via­mo che inge­gne­re, dal pun­to di vista les­si­ca­le, è un nome deri­va­to da ‘inge­gno’ nel signi­fi­ca­to di ‘con­ge­gno, mec­ca­ni­smo’ e che la defi­ni­zio­ne più ricor­ren­te, è in sen­so stret­to: “chi, for­ni­to di lau­rea in inge­gne­ria e di abi­li­ta­zio­ne all’esercizio di tale pro­fes­sio­ne, pro­get­ta, orga­niz­za e diri­ge le costru­zio­ni .….”.
Sem­bre­reb­be, quin­di, che la lau­rea da sola non basti e che occor­ra anche l’a­bi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio del­la professione.

Se, poi, appro­fon­dia­mo la ricer­ca e dia­mo uno sguar­do a Inter­net, si sco­pre che il tema è ogget­to di ampie e a vol­te acca­lo­ra­te discus­sio­ni e ci si imbat­te in chi sostie­ne che può dir­si inge­gne­re solo chi è iscrit­to ad uno degli Ordi­ni pro­vin­cia­li degli Ingegneri.

Chi può fre­giar­si, dun­que, del tito­lo di inge­gne­re o inge­gne­ra, chi è lau­rea­to, chi è abi­li­ta­to all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne o chi è iscrit­to all’albo?”

Il concetto di titolo

Cos’è un tito­lo? In gene­ra­le un tito­lo o qua­li­fi­ca è l’ap­pel­la­ti­vo che spet­ta a una per­so­na per il suo gra­do, per gli stu­di com­piu­ti, per l’attività che eser­ci­ta, per meri­ti par­ti­co­la­ri: tito­lo mili­ta­re (gene­ra­le, colon­nel­lo, capi­ta­no), tito­lo acca­de­mi­co (dot­to­re in, pro­fes­so­re), caval­le­re­sco (cava­lie­re del­la Repub­bli­ca, cava­lie­re del lavo­ro, cava­lie­re del sacro ordi­ne…), tito­lo pro­fes­sio­na­le (medi­co, avvo­ca­to, inge­gne­re), tito­lo nobi­lia­re (mar­che­se, prin­ci­pe, re);  e per esten­sio­ne, con tito­lo si inten­de anche ogni docu­men­to che com­pro­vi il dirit­to a rice­ve­re un deter­mi­na­to appellativo.

Il rila­scio e l’u­so di tito­li è rego­la­to dal­la L. 13 mar­zo 1958, n. 262 rubri­ca­ta “Con­fe­ri­men­to ed uso di tito­li acca­de­mi­ci, pro­fes­sio­na­li e simi­li”. L’ar­ti­co­lo 1 reci­ta: «Le qua­li­fi­che acca­de­mi­che di dot­to­re, com­pre­sa quel­la hono­ris cau­sa, le qua­li­fi­che di carat­te­re pro­fes­sio­na­le, la qua­li­fi­ca di libe­ro docen­te pos­so­no esse­re con­fe­ri­te sol­tan­to con le moda­li­tà e nei casi indi­ca­ti dal­la leg­ge». E l’art.2: “Chiun­que fa uso, in qual­sia­si for­ma e moda­li­tà, del­la qua­li­fi­ca acca­de­mi­ca di dot­to­re com­pre­sa quel­la hono­ris cau­sa, di qua­li­fi­che di carat­te­re pro­fes­sio­na­le e del­la qua­li­fi­ca di libe­ro docen­te, otte­nu­te in con­tra­sto con quan­to sta­bi­li­to nel­l’ar­ti­co­lo 1, è puni­to con .…”.

Per­tan­to per rispon­de­re alla doman­da su chi pos­sa uti­liz­za­re il tito­lo pro­fes­sio­na­le di inge­gne­re occor­re veri­fi­ca­re a chi la leg­ge con­fe­ri­sce il tito­lo in argo­men­to. Segui­re­mo un ordi­ne cronologico.

Disciplina della professione di ingegnere

Inquadramento storico legislativo

La leg­ge isti­tu­ti­va del­la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re (e di archi­tet­to) e del­l’Or­di­ne degli inge­gne­ri è la leg­ge 24 giu­gno 1923, n. 1395, “Tute­la del tito­lo e del­l’e­ser­ci­zio pro­fes­sio­na­le degli inge­gne­ri e degli archi­tet­ti” (tut­to­ra vigen­te). L’art.1 reci­ta: “Il tito­lo di inge­gne­re e quel­lo di archi­tet­to spet­ta­no esclu­si­va­men­te a colo­ro che han­no con­se­gui­to i rela­ti­vi diplo­mi degli isti­tu­ti di istru­zio­ne supe­rio­re auto­riz­za­ti per leg­ge a conferirli”.

Con l’en­tra­ta in vigo­re del prov­ve­di­men­to, per­tan­to, per poter uti­liz­za­re il tito­lo di Inge­gne­re era richie­sto il solo pos­ses­so del diplo­ma di inge­gne­re con­se­gui­to pres­so un isti­tu­to di istru­zio­ne supe­rio­re auto­riz­za­to per leg­ge a rila­sciar­lo. Con l’art.2 del­la cita­ta nor­ma inol­tre era isti­tui­to l’Or­di­ne degli inge­gne­ri costi­tui­to dagli iscrit­ti all’al­bo di ogni pro­vin­cia e con l’art. 3 veni­va sta­bi­li­to che “sono iscrit­ti nel­l’al­bo colo­ro ai qua­li spet­ta il tito­lo di cui all’art. 1, che godo­no del dirit­ti civi­li e non sono incor­si in alcu­na del­le con­dan­ne di cui…”. In altri ter­mi­ni non era richie­sta l’a­bi­li­ta­zio­ne per poter­si iscri­ve­re all’al­bo e l’u­ni­co requi­si­to per la “spen­di­ta” del tito­lo di inge­gne­re era il pos­ses­so del diplo­ma a pre­scin­de­re dal­l’i­scri­zio­ne o meno all’albo.

Si noti altre­sì che ini­zial­men­te (art.4) l’i­scri­zio­ne all’al­bo era pre­scrit­ta al solo effet­to del con­fe­ri­men­to di inca­ri­chi da par­te del­l’au­to­ri­tà giu­di­zia­ria e del­le pub­bli­che ammi­ni­stra­zio­ni e che solo con i prov­ve­di­men­ti legi­sla­ti­vi suc­ces­si­vi, l’i­scri­zio­ne all’al­bo diven­ta uno degli stru­men­ti attra­ver­so i qua­li si rea­liz­za la tute­la del­la pro­fes­sio­ne e si ren­de indi­spen­sa­bi­le in con­si­de­ra­zio­ne del pre­mi­nen­te inte­res­se che rive­ste per la col­let­ti­vi­tà l’ac­cer­ta­men­to dei requi­si­ti di capa­ci­tà e pre­pa­ra­zio­ne tec­ni­ca del professionista.

Nel set­tem­bre del 1923, a tre mesi cir­ca dal­la pub­bli­ca­zio­ne del­la leg­ge isti­tu­ti­va del­la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re, veni­va ema­na­to il regio decre­to 30 set­tem­bre 1923, n. 2102, che mar­ca il con­fi­ne tra i tito­li acca­de­mi­ci e quel­li pro­fes­sio­na­li, intro­du­cen­do l’abi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne. Il “Capo II — Dei tito­li acca­de­mi­ci e degli esa­mi di Sta­to” sta­bi­li­sce che “Le lau­ree e i diplo­mi con­fe­ri­ti dal­le uni­ver­si­tà e dagli isti­tu­ti han­no esclu­si­va­men­te valo­re di qua­li­fi­che acca­de­mi­che” (art. 4) e che “L’a­bi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio pro­fes­sio­na­le e’ con­fe­ri­ta in segui­to ad esa­mi di Sta­to, cui sono ammes­si sol­tan­to colo­ro che abbia­no con­se­gui­to pres­so uni­ver­si­tà o isti­tu­ti … la lau­rea o il diplo­ma corrispondente.”.

Cir­ca tre mesi dopo, con il regio decre­to 31 dicem­bre 1923, n. 2909, “Dispo­si­zio­ni con­cer­nen­ti gli esa­mi di Sta­to” si sta­bi­li­va (art. 1) che per eser­ci­ta­re la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re è neces­sa­rio supe­ra­re l’e­sa­me di Sta­to. E con il testo uni­co del­le leg­gi sul­l’i­stru­zio­ne supe­rio­re, regio decre­to 31 ago­sto 1933, n. 1592, si riba­di­va (art.172) che: “Le lau­ree e i diplo­mi con­fe­ri­ti dal­le Uni­ver­si­tà e dagli Isti­tu­ti supe­rio­ri han­no esclu­si­va­men­te valo­re di qua­li­fi­che acca­de­mi­che. L’a­bi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio pro­fes­sio­na­le e’ con­fe­ri­ta in segui­to ad esa­mi di Stato…”.

Ne con­se­gue che da allo­ra in avan­ti il pos­ses­so del­la lau­rea (o diplo­ma) non è più suf­fi­cien­te per poter­si appel­la­re “inge­gne­re” poi­ché alla lau­rea è rico­no­sciu­to il valo­re di mero tito­lo acca­de­mi­co. Il tito­lo, inte­so come docu­men­to, che com­pro­va il dirit­to a rice­ve­re l’ap­pel­la­ti­vo di inge­gne­re, è l’abi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re con­fe­ri­ta in segui­to ad esa­mi di stato. 

Per com­ple­tez­za dire­mo che alla leg­ge isti­tu­ti­va del­la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re, seguì il rego­la­men­to appli­ca­ti­vo, appro­va­to con r.d. 23 otto­bre 1925, n. 2537, “Rego­la­men­to per le pro­fes­sio­ni di inge­gne­re e di archi­tet­to” che all’art. 4, richia­man­do la nor­ma­ti­va su cita­ta, pre­vi­de che “Per esse­re iscrit­to nel­l’al­bo occor­re aver supe­ra­to l’e­sa­me di Sta­to per l’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re e di archi­tet­to”. Suc­ces­si­va­men­te veni­va ema­na­ta la leg­ge 25 apri­le 1938, n. 897 che allo sco­po di con­se­gui­re una mag­gio­re tute­la del tito­lo e del­l’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne stes­sa, det­tò l’ob­bli­go del­l’i­scri­zio­ne agli albi per le pro­fes­sio­ni rego­la­men­ta­te. L’art.1 reci­ta cheGli inge­gne­ri, gli archi­tet­ti, i chi­mi­ci, i pro­fes­sio­ni­sti in mate­ria di eco­no­mia e com­mer­cio, gli agro­no­mi, i ragio­nie­ri, i geo­me­tri, i peri­ti agra­ri ed i peri­ti indu­stria­li, non pos­so­no eser­ci­ta­re la pro­fes­sio­ne se non sono iscrit­ti negli albi pro­fes­sio­na­li del­le rispet­ti­ve cate­go­rie a ter­mi­ni del­le dispo­si­zio­ni vigen­ti”.
Gli esa­mi di sta­to sospe­si nel 1944, furo­no riat­ti­va­ti con la leg­ge 8 dicem­bre 1956, n. 1378. 

Tor­nan­do alla que­stio­ne del tito­lo, pos­sia­mo rias­su­me­re affer­man­do che il tito­lo di inge­gne­re com­pe­te­va a colo­ro che supe­ra­to l’e­sa­me di Sta­to pre­vi­sto dal r.d. 31–8‑1933, n. 1592 e dal­la leg­ge 8-12-1956, n. 1378, con­se­gui­va­no l’a­bi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne (cfr De San­tis, «Inge­gne­re e archi­tet­to» in “Novis­si­mo Dige­sto ita­lia­no”, diret­to da A. AZARA e E. EULA, vol. VIII, Tori­no, UTET, 1962, pp. 660–662).

L’e­sa­me di Sta­to è san­ci­to anche dal­l’art. 33 del­la Costi­tu­zio­ne del­la Repub­bli­ca italiana:“E’ pre­scrit­to un esa­me di Sta­to per … l’a­bi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio professionale.

Si noti che, così come pri­ma del­l’in­tro­du­zio­ne del­l’e­sa­me di sta­to, era richie­sto il solo diplo­ma per poter uti­liz­za­re il tito­lo e non anche l’i­scri­zio­ne all’al­bo, neces­sa­ria inve­ce per poter eser­ci­ta­re la pro­fes­sio­ne, alla stes­sa stre­gua il solo pos­ses­so del­l’a­bi­li­ta­zio­ne con­sen­ti­va di ado­pe­ra­re il tito­lo di inge­gne­re anche sen­za l’i­scri­zio­ne all’al­bo che con­ti­nua­va però, e con­ti­nua anche oggi, ad esse­re neces­sa­ria per poter eser­ci­ta­re la professione. 

A que­sto pun­to è d’ob­bli­go una rifles­sio­ne. E’ oppor­tu­no nota­re che il codi­ce pena­le all’art. 498 descri­ve il delit­to di usur­pa­zio­ne di tito­lo come l’u­so abu­si­vo del tito­lo di una pro­fes­sio­ne per la qua­le è richie­sta una spe­cia­le abi­li­ta­zio­ne del­lo Sta­to. Que­sto con­fer­me­reb­be anco­ra una vol­ta la neces­si­tà del­la sola abi­li­ta­zio­ne per l’u­so del tito­lo e non anche del­l’i­scri­zio­ne all’al­bo. La ratio, tut­ta­via, del­l’art. 498 è che il legi­sla­to­re abbia volu­to tute­la­re la fede pub­bli­ca con­tro quei com­por­ta­men­ti che alte­ra­no gli ele­men­ti iden­ti­fi­ca­ti­vi di una per­so­na o le sue qua­li­tà per­so­na­li. Tizio potreb­be affi­da­re un inca­ri­co pro­fes­sio­na­le a Caio ingan­na­to dal fat­to che que­st’ul­ti­mo usa il tito­lo di inge­gne­re pur non aven­do­ne i requi­si­ti. Il codi­ce pena­le pro­teg­ge cioè il tito­lo (di inge­gne­re nel caso spe­ci­fi­co) solo in quan­to attra­ver­so esso è con­sen­ti­to eser­ci­ta­re una pro­fes­sio­ne. Ma ciò è pos­si­bi­le per un inge­gne­re solo se è iscrit­to all’al­bo. Da que­ste con­si­de­ra­zio­ni discen­de­va la con­clu­sio­ne, a cui mol­ti giun­ge­va­no, secon­do la qua­le il tito­lo di inge­gne­re potes­se esse­re usa­to solo da chi fos­se iscrit­to all’al­bo. Con­se­guen­te­men­te il lau­rea­to in inge­gne­ria che non era iscrit­to all’al­bo ave­va dirit­to solo al tito­lo acca­de­mi­co di dot­to­re in inge­gne­ria anche se in pos­ses­so di abilitazione. 

Le novità introdotte dal DPR 5 giugno 2001, n.328 

Abbia­mo sin qui usa­to l’im­per­fet­to, (il tito­lo com­pe­te­va, basta­va l’a­bi­li­ta­zio­ne etc.) per­ché il d.P.R. 5 giu­gno 2001, n. 328, aven­te ad epi­gra­fe “Modi­fi­che ed inte­gra­zio­ni del­la disci­pli­na dei requi­si­ti per l’am­mis­sio­ne all’e­sa­me di Sta­to e del­le rela­ti­ve pro­ve per l’e­ser­ci­zio di talu­ne pro­fes­sio­ni, non­ché del­la disci­pli­na dei rela­ti­vi ordi­na­men­ti” ha pro­fon­da­men­te inno­va­to la pre­vi­gen­te nor­ma­ti­va spaz­zan­do via ogni dub­bio inter­pre­ta­ti­vo cir­ca l’at­tri­bu­zio­ne del tito­lo. In par­ti­co­la­re il Capo IXPro­fes­sio­ne di Inge­gne­re - art. 45 (Sezio­ni e tito­li pro­fes­sio­na­li) ha pre­vi­sto al secon­do e ter­zo comma:

2. Agli iscrit­ti nel­la sezio­ne A (n.d.r del­l’Al­bo) spet­ta­no i seguen­ti tito­li professionali:

a) agli iscrit­ti al set­to­re civi­le e ambien­ta­le, spet­ta il tito­lo di inge­gne­re civi­le e ambien­ta­le;
b) agli iscrit­ti al set­to­re indu­stria­le, spet­ta il tito­lo di inge­gne­re indu­stria­le;
c) agli iscrit­ti al set­to­re del­l’in­for­ma­zio­ne, spet­ta il tito­lo di inge­gne­re del­l’in­for­ma­zio­ne.

3. Agli iscrit­ti nel­la sezio­ne B spet­ta­no i seguen­ti tito­li professionali:

a) agli iscrit­ti al set­to­re civi­le e ambien­ta­le, spet­ta il tito­lo di inge­gne­re civi­le e ambien­ta­le iunior;
b) agli iscrit­ti al set­to­re indu­stria­le, spet­ta il tito­lo di inge­gne­re indu­stria­le iunior;
c) agli iscrit­ti al set­to­re del­l’in­for­ma­zio­ne, spet­ta il tito­lo di inge­gne­re del­l’in­for­ma­zio­ne iunior.

Ne risul­ta che il tito­lo di “inge­gne­re” che sino a quel momen­to, a nor­ma del­l’al­lo­ra vigen­te disci­pli­na del­la pro­fes­sio­ne, non era accom­pa­gna­to da alcun attri­bu­to che spe­ci­fi­cas­se una par­ti­co­la­re e spe­ci­fi­ca­ta com­pe­ten­za lega­ta alla for­ma­zio­ne acca­de­mi­ca, è sosti­tui­to dai tito­li di inge­gne­re civi­le e ambien­ta­le, inge­gne­re indu­stria­le, inge­gne­re del­l’in­for­ma­zio­ne. Pos­so­no fre­giar­si di tali tito­li solo gli iscrit­ti all’al­bo che per iscri­ver­si devo­no aver supe­ra­to i rispet­ti­vi esa­mi di sta­to, distin­ti per cia­scu­no dei tre set­to­ri. Ai pre­ce­den­ti inge­gne­ri, agli abi­li­ta­ti cioè secon­do la pre­ce­den­te nor­ma­ti­va, la leg­ge ha dato facol­tà di iscri­ver­si a tut­ti e tre i set­to­ri e quin­di pos­so­no fre­giar­si di tut­ti e tre i tito­li anzidetti.

Al riguar­do il Con­si­glio Nazio­na­le degli Inge­gne­ri con la cir­co­la­re 383/XVII del 26 gen­na­io 2011, aven­te ad ogget­to: “Tito­lo acca­de­mi­co e tito­lo pro­fes­sio­na­le — infor­ma­zio­ni da ripor­ta­re sul tim­bro — indi­ca­zio­ni cir­ca la distin­zio­ne e la cor­ret­ta dizio­ne con cui chia­ma­re gli iscrit­ti alle Sezio­ni A e B del­l’al­bo — rie­pi­lo­go del­la disci­pli­na” è inter­ve­nu­to per fare chia­rez­za, spe­ci­fi­can­do che “il tito­lo pro­fes­sio­na­le di inge­gne­re si con­se­gue uni­ca­men­te con l’i­scri­zio­ne all’al­bo pro­fes­sio­na­leper­ché così dispo­ne la leg­ge.

Si vuo­le infi­ne pre­ci­sa­re che l’in­ter­ven­to del Con­si­glio Nazio­na­le degli Inge­gne­ri non può esse­re let­to, come alcu­ni fan­no, come un’a­zio­ne di par­te inte­sa a favo­ri­re l’i­scri­zio­ne all’al­bo ma è un prov­ve­di­men­to ema­na­to nel­la com­pe­ten­za. Gio­va, infat­ti, ricor­da­re che L’Ordine è un ente pub­bli­co non eco­no­mi­co, sot­to­po­sto alla vigi­lan­za del Mini­ste­ro del­la Giu­sti­zia e posto a tute­la del­la col­let­ti­vi­tà e di ter­zi, facen­te capo al Con­si­glio Nazio­na­le degli Inge­gne­ri e aven­te la fina­li­tà pub­bli­ci­sti­ca di garan­ti­re la qua­li­tà del­le atti­vi­tà svol­te dai pro­fes­sio­ni­sti. Fra i com­pi­ti isti­tu­zio­na­le che la leg­ge attri­bui­sce all’Or­di­ne vi è pro­prio “La tute­la del tito­lo e dell’esercizio pro­fes­sio­na­le”.

Conclusioni

Dal­l’e­sa­me svol­to si evin­ce come il dif­fon­der­si di tre pos­si­bi­li rispo­ste alla doman­da “a chi spet­ta il tito­lo di inge­gne­re?” (al lau­rea­to in inge­gne­ria, all’a­bi­li­ta­to all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne, all’i­scrit­to all’al­bo) tro­va giu­sti­fi­ca­zio­ne nel­l’e­vo­lu­zio­ne sto­ri­ca del­la disci­pli­na che rego­la la mate­ria; ci sono sta­ti, infat­ti, perio­di tem­po­ra­li in cui cia­scu­na del­le tre rispo­ste è sta­ta esatta.

In con­clu­sio­ne, secon­do il vigen­te qua­dro nor­ma­ti­vo (d.P.R. 5 giu­gno 2001, n. 328), il tito­lo di Inge­gne­re spet­ta, oggi, a chi è iscrit­to all’Or­di­ne degli Inge­gne­ri nel­la sezio­ne A del­l’Al­bo uni­co nazio­na­le men­tre il tito­lo di Inge­gne­re iunior appar­tie­ne a chi è iscrit­to all’Or­di­ne degli Inge­gne­ri nel­la sezio­ne B. Si trat­ta di un tito­lo pro­fes­sio­na­le, lega­to cioè all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne, da non con­fon­de­re con i tito­li acca­de­mi­ci. Rela­ti­va­men­te a que­st’ul­ti­mi, ai sen­si dell’art. 13, com­ma 7 del D.M. n. 270/2004, a chi con­se­gue la lau­rea trien­na­le, la lau­rea magi­stra­le (oppu­re la lau­rea vec­chio ordi­na­men­to) o il dot­to­ra­to di ricer­ca, com­pe­te, rispet­ti­va­men­te, il tito­lo di Dot­to­re, Dot­to­re Magi­stra­le o Dot­to­re di Ricer­ca.
Il requi­si­to pri­ma­rio per l’i­scri­zio­ne all’Al­bo è aver con­se­gui­to l’a­bi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne di inge­gne­re a segui­to del supe­ra­men­to del rela­ti­vo esa­me di Sta­to, esa­me a cui si può esse­re ammes­si solo dopo aver con­se­gui­to il tito­lo di Dot­to­re Magi­stra­le per la sezio­ne A e di Dot­to­re per la sezio­ne B in una del­le pre­vi­ste clas­si di lau­rea. Oltre al supe­ra­men­to del­l’e­sa­me di Sta­to, per l’i­scri­zio­ne nel­l’al­bo degli inge­gne­ri occor­re la cit­ta­di­nan­za ita­lia­na (o di uno Sta­to aven­te trat­ta­men­to di reci­pro­ci­tà con l’I­ta­lia), una spec­chia­ta con­dot­ta mora­le (art. 2, l. n. 897 del 1938) , il godi­men­to dei dirit­ti civi­li, non aver ripor­ta­to alcu­na del­le con­dan­ne di cui all’art. 28, pri­ma par­te, del­la leg­ge 8–6‑1874, n. 1938, sal­vo riabilitazione. 

Quan­to al tito­lo com­pro­van­te il dirit­to a rice­ve­re l’ap­pel­la­ti­vo di Inge­gne­re, inte­so come docu­men­to che atte­sta la capa­ci­tà di eser­ci­ta­re una pro­fes­sio­ne, que­sto con­ti­nua ad esse­re indi­vi­dua­to nel­l’abi­li­ta­zio­ne all’e­ser­ci­zio del­la pro­fes­sio­ne (cfr http://www.quadrodeititoli.it) per il fat­to che il tito­lo pro­fes­sio­na­le di inge­gne­re (civi­le e ambien­ta­le, indu­stria­le o del­l’in­for­ma­zio­ne) si con­se­gue median­te il supe­ra­men­to di appo­si­to esa­me di Sta­to e si per­fe­zio­na con l’i­scri­zio­ne all’al­bo professionale. 

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